Smart
drugs: i rischi nascosti del “potenziamento cognitivo”
“Prendevamo
morfina, diacetylmorfina, ciclozina, codeina, temazepam, nitrazepam,
fenobarbitale, amobarbitale, propoxyphene, metadone, nalbufina, petedina,
pentazocina, buprenorfina, destromoramide, chlormetiazolo. Le strade schiumano
di droghe contro il dolore e l'infelicità, noi le prendavamo tutte. Ci saremmo
sparati la vitamina C se l'avessero dichiarata illegale”.
Targato 1996, Trainspotting, è un libro e un film cult,
aggressivo e immorale in cui viene descritto il malessere di dover vivere oltre
le aspettative, cercando al di fuori di sé il modo per farlo.
Cosa succederebbe se legale e illegale invertissero i
propri ruoli? E tutte le droghe diventassero legali? Tanto da rendere persino
banale acquistare in maniera immediata e repentina sostanze apparentemente
legali ma di fatto letali?
E se fosse già così?
Negli ultimi anni Internet e l’acquisto illegale hanno
sicuramente cannibalizzato il mercato delle sostanze stupefacenti, ma non solo.
Nel nostro Paese sono stati individuati circa 500 portali in lingua italiana (o
con base in Italia) che vendono questo tipo di sostanze e il 64% di questi siti
è stato definitivamente chiuso. La rete di finte farmacie, drugstore, siti di
e-commerce fa sì che procurarsi sostanze illecite risulti drammaticamente
veloce ed economico. Non servono prescrizioni mediche, non c’è monitoraggio dei
rischi, e in generale delle conseguenze della loro somministrazione.
In una società che corre sempre più velocemente
l’ambizione di superare e migliorare le proprie prestazioni non conosce limiti,
neanche quando vi è un palese pericolo per la salute. Pressioni, aspettative,
ansia vengono quindi affrontate non considerando gli effetti devastanti che
l’assunzione di certi prodotti può causare.
Non siamo mai abbastanza magri, svegli o reattivi,
abbastanza allegri, flessibili, ma - piuttosto che fermarci a riflettere e a
risolvere i coni d’ombra dei nostri stati d’animo – ci rifugiamo in soluzioni
tanto veloci quanto, spesso, dannose.
La pubblicità virale ci spinge a ripensare di continuo la nostra
idea di benessere psicofisico, spingendo oltre i limiti le nostre capacità.
Jordan Belfort, il protagonista dell’ultimo film di Martin
Scorsese, The Wolf of Wall Street, sintetizza così il proprio stile di vita:
“Uso lo xanax per concentrarmi, l'ambien per dormire, l'erba per calmarmi, la
cocaina per tirarmi su e la morfina perché è ottima”. Sostanze stupefacenti per
affrontare tutto, dal risveglio al lavoro, passando per cibo, sesso e sonno,
successo, famiglia, relazioni interpersonali.
Di cosa abbiamo bisogno quindi per vivere? La teoria
piramidale dei bisogni primari dello psicologo americano Abraham Maslow, sembra
più che mai superata. Non ci accontentiamo più solo di mangiare, dormire,
riprodurci e gradualmente superare i livelli della piramide per raggiungere
l’apice.
Oggi vogliamo tutto e subito. Maslow aveva posto invece,
alla base della piramide, i bisogni primari ovvero quelli fisiologici (come
cibarsi, dormire a sufficienza); a seguire, ma solo a seguire, i bisogni di
sicurezza (bisogno di protezione e stabilità, di non aver paura, di poter
considerare il mondo come una realtà prevedibile e organizzata entro cui
muoversi per sentirsi al sicuro). Seguivano ancora i bisogni psicologici, come
i bisogni di appartenenza, i bisogni di stima e competenza. La punta della
piramide era occupata infine dal bisogno di autorealizzazione, considerato non
come un obiettivo impossibile da raggiungere o moralmente discutibile, ma come
conquista ultima e completa.
E oggi? Ripensiamo la piramide. Potremmo forse rovesciarla
senza troppo sforzo. I bisogni primari sono stati sostituiti dalla necessità di
affermarci e legittimarci con qualunque mezzo e a qualunque costo. Subito.
Secondo uno studio [1] molte nuove sostanze vengono
commercializzate come “sballo legale”, anche quando le indicazioni riportano la
dicitura "Non destinato al consumo umano"; in alcuni casi, infatti,
per evitare i controlli, nei laboratori clandestini europei e mondiali si
producono nuove droghe che vengono vendute direttamente sul mercato con
etichette contenenti informazioni ingannevoli, per esempio “sostanze chimiche
destinate alla ricerca” o “fertilizzanti”.
Ogni anno l’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle
Tossicodipendenze pubblica la “Relazione europea sulla droga”: relativamente al
2013, l’analisi di questo mercato evidenzia come sia progressivamente più
difficile esaminare questo segmento a causa della continua comparsa di nuove
sostanze psicoattive create per imitare gli effetti generalmente causati da
droghe già inserite nelle tabelle delle sostanze vietate.
Tale quadro ci obbliga a un’ulteriore riflessione. Ciò che
quotidianamente assumiamo quali conseguenze può generare?
Secondo la Johns Hopkins University School of Medicine e
l’University of Vermont che hanno pubblicato su “Journal of Caffeine Research”
[2] molte persone sono, ad esempio, dipendenti dalla caffeina; questa sostanza
viene infatti utilizzata anche quando sarebbe sconsigliata ovvero, ad esempio,
durante la gravidanza, in presenza di malattie del cuore o di un disturbo della
coagulazione del sangue. La dipendenza produce una condizione chiamata
“Caffeine Use Disorder”, ossia disturbo da uso di caffè; l’intossicazione da
caffeina presenta di fatto gli stessi sintomi riscontrati in un’overdose di
farmaci stimolanti. La comunità scientifica, e nello specifico l’American
Psychiatric Association, hanno pertanto ufficialmente riconosciuto il disturbo
da (ab)uso di caffeina come un problema di salute reale ed ecco perché il
“caffeine use disorder”, per incoraggiare ulteriori ricerche in tal
senso, è stato incluso nella sezione III del DSM-5.
Caffeina però non vuol dire solo caffè.
I potenziatori cognitivi, a volte chiamati “smart drugs” o
“potenziatori di memoria”, sono sostanze utilizzate allo scopo di aumentare
alcune funzioni mentali quali l’attenzione, la memoria, la concentrazione, la
motivazione, la pianificazione, l’autostima e la capacità di prendere
decisioni. Se da un lato però aumentano le capacità cognitive e riducono la
sensazione di fatica, il sonno e la fame, dall’altro causano danni al pari
delle vere e proprie droghe, sebbene le “smart drugs” apparentemente non siano
sempre illegali e pertanto perseguibili dalla legge.
Nel 2013 l'Agenzia francese per la sicurezza sanitaria ed
alimentare, si è espressa sulle cosiddette bevande energetiche (a base di
caffeina, ma anche taurina), analizzando 257 casi di reazioni avverse, tra cui
attacchi di panico, nervosismo ed epilessia.
Altri studi [3] hanno dimostrato che l’elevato consumo di energy drink tra gli studenti delle scuole
superiori può rappresentare un marker per altre attività che potrebbero
influenzare negativamente lo sviluppo, la salute e il benessere degli
adolescenti.
In ambito europeo [4] infine ci si è posti l'obiettivo di
calcolare l’uso di energy
drink tra i giovani
danesi, esaminando anche le associazioni dei fattori socio-demografici e
comportamentali in termini di salute. Ne emerge che in Danimarca il consumo
sembra essere relativamente basso. Allo stesso tempo, sembra che il fenomeno
sia perlopiù maschile e molto più diffuso tra le persone con bassi livelli di
istruzione. Il fattore più interessante dello studio è però che i fumatori,
così come coloro che fanno consumo di alcool, sono anche i più inclini a
consumare bevande energetiche, a riprova del fatto che utilizzare stili di vita
sani rimane una delle migliori “medicine” a nostra disposizione.
[1] Emerg Med Clin North
Am. 2014 Feb;32(1):1-28. doi:
10.1016/j.emc.2013.09.001. Epub 2013 Oct 15.
[2] Steven E. Meredith, Laura M.
Juliano, John R. Hughes, and Roland R. Griffiths. Journal of Caffeine Research.
September 2013, 3(3): 114-130. doi:10.1089/jcr.2013.0016.
[3] 2014 Feb 4;62C:54-59. doi:
10.1016/j.ypmed.2014.01.019
[4] Energy drink consumption and
the relation to socio-demographic factors and health behaviour among young
adults in Denmark. A population-based study.
Fonte:
pagina web AIFA 19/03/2014