Incidenti stradali: ruolo della sanità pubblica, dalla
sorveglianza alla prevenzione
La sorveglianza Passi - IV workshop 2013 - Coordinamento nazionale Passi
(19-20 dicembre 2013) - Seconda giornata: “Incidenti
stradali: ruolo della sanità pubblica, dalla sorveglianza alla prevenzione”
La seconda giornata dell’ultimo incontro
trimestrale Passi, dedicata alla sicurezza stradale, è stata pensata come momento
di condivisione con l’obiettivo di estendere l’uso dei dati Passi sul tema
della sicurezza stradale per farne una delle componenti dei sistemi di
sorveglianza che sostengono l’attuazione delle politiche, dei programmi e degli
interventi di prevenzione degli incidenti.
La sessione è stata aperta da Francesco Mitis (pdf 2,7 Mb) (Ufficio regionale per
l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità) che ha introdotto i
problemi e le politiche della sicurezza stradale in Europa e ha illustrato il
“Decennio della sicurezza stradale”, strategia con cui l’Oms e gli Stati che la
hanno sottoscritta – tra cui c’è l’Italia – intendono ottenere il risultato di
risparmiare 5 milioni di vite entro il 2020. Cinque sono i pilastri della
strategia “Decade of Action for Road Safety 2011-2020”:
- gestione della sicurezza
stradale: un approccio manageriale per attuare interventi intersettoriali
- strade più sicure e politiche
per la mobilità e i trasporti
- veicoli più sicuri grazie al
coinvolgimento dell’industria
- comportamenti più sicuri per
quanto riguarda la velocità, la guida sotto l’effetto dell’alcol, l’uso di
dispositivi di sicurezza, il non uso del cellulare quando si guida
- risposta post incidente
efficace, con il numero unico dell’emergenza, la rapidità del soccorso (golden hour),
la capacità (strutture e competenze) per le emergenze.
Figura 1: Gli obiettivi della Decade of
Action for Road Safety 2011-2020. Fonte: “Global status report on road safety
2013: supporting a decade of action”.
L’Oms attua un monitoraggio accurato, non
solo dell’outcome, ma anche
delle politiche che ciascun Paese mette in atto. Al fine di ottimizzare la
qualità dell’informazione e favorire la collaborazione intersettoriale, i
rappresentanti dei principali soggetti istituzionali coinvolti nella sicurezza
stradale (nel caso dell’Italia: ministero della Salute, ministero delle
Infrastrutture e dei trasporti, l’Aci, l’Istat, l’Iss e l’Ospedale pediatrico
Bambin Gesù, Forze dell’Ordine) vengono chiamati a confrontarsi per rispondere
alle domande di un questionario sulle politiche in atto, i sistemi di controllo
e la loro efficacia (enforcement),
l’outcome in termini di incidenti, morti e così
via.
Ma quali sono i dati ottenuti,
pubblicati nel Global Status Report on Road
Safety 2013 (pdf
14,9 Mb)? (Leggi anche l’approfondimento sul rapporto dell’Oms pubblicato su
EpiCentro a marzo 2013).
Nella regione europea dell’Oms è stato
registrato un crollo dei decessi per incidente stradale, ma ancora resta molto
da fare: solo la metà degli Stati della Regione ha una legislazione efficace su
tutti i fattori comportamentali (velocità, drink-driving,
dispositivi di sicurezza), per cui, specialmente i Paesi a basso e medio
reddito, dovrebbero aggiornare la loro legislazione in materia. Ancora carente,
in molti Paesi, è il coordinamento degli interventi per rendere più sicure le
infrastrutture stradali e c’è da migliorare l’attuazione dei controlli per far
applicare sul serio le misure legislative, oltre a un’attività di comunicazione
volta a guadagnare il consenso della popolazione. C’è bisogno infine di
maggiore attenzione per gli utenti vulnerabili (pedoni, ciclisti e
motociclisti), più investimenti in sistemi di trasporto sostenibile e sicuro,
migliore intervento post-incidente. Per quanto riguarda i dati, sono
insufficienti quelli sui traumi e le disabilità residue delle vittime
sopravvissute a un incidente stradale.
Il report 2013 per l’Italia (pdf 30 kb) mostra che, anche se sul
piano della regolamentazione siamo in linea con il resto dei Paesi dell’Europa
a 15, siamo ancora indietro per quello che riguarda la mortalità. Dovremmo
dunque migliorare le azioni volte a controllare in modo efficace il rispetto
della legislazione.
Quale
è il contributo che possono dare i dati della sorveglianza?
Nicoletta Bertozzi (pdf 2,1 Mb) (Ausl di Cesena) e Giorgio Garofalo (pdf 5,3 Mb) (Asl di Firenze) hanno
portato, rispettivamente, l’esperienza delle cinque Aziende della costa
romagnola (che negli ultimi 13 anni si sono via via messe insieme per portare
avanti programmi per la sicurezza stradale) e dell’area fiorentina. In entrambi
i casi è stato adottato un approccio integrato per fornire un quadro il più
possibile completo dei problemi della sicurezza stradale. Diverse, infatti,
sono le fonti che è possibile usare: incidenti (Aci Istat), mortalità (Rencam,
Istat), ricoveri e ricoveri per traumi gravi (Sdo Regione), comportamenti
osservati (Ulisse) e riferiti (Passi), infortuni sul lavoro in itinere, che
sono più della metà dei decessi per incidenti sul lavoro (Inail).
Oltre che con il monitoraggio, il
settore sanitario può contribuire in molti modi, ad esempio mettendo a disposizione
dei diretti interessati i dati della letteratura scientifica che indicano quali
sono gli interventi dotati di maggiore efficacia.
Marco Giustini (pdf 988 kb) (Dipartimento Ambiente e
connessa prevenzione primaria, Istituto superiore di sanità), ha portato
l’esperienza della sorveglianza basata su dati osservazionali, nata grazie alla
visione di Franco Taggi, epidemiologo dell’Istituto Superiore di Sanità, che
capì prima di tutti l’enorme potenziale di salute insito nella promozione della
sicurezza stradale. Grazie ai progetti “Casco 2000” e “Ulisse” è stato
possibile promuovere la legislazione sui dispositivi di sicurezza e valutarne
l’impatto. Non è un caso che questi sistemi di sorveglianza siano stati
condotti dall’Iss con l’indispensabile collaborazione del sistema sanitario, in
particolare dei dipartimenti di prevenzione delle Asl. Il sistema Ulisse fornisce
i dati delle prevalenze di uso dei dispositivi di sicurezza stradale: l’uso
delle cinture di sicurezza anteriori in area urbana riguarda mediamente il 64%
degli utenti, mentre l’uso del casco si attesta attorno al 90%. Le differenze
Nord-Sud sono tuttora notevoli.
Gianluigi Ferrante (pdf 2,1 Mb) dello staff Passi ha
presentato i dati sull’uso del seggiolino di sicurezza. In Italia mancano dati
generalizzati relativi all’uso del seggiolino, e in passato i dati riferiti si
sono rivelati inaffidabili. Proprio per questo, in Passi, il modo di rilevare l’uso
del seggiolino è stato modificato: invece di chiedere se il bimbo viene
assicurato al seggiolino, l’attuale domanda verte sulle difficoltà ad
assicurare il bambino al seggiolino e si è potuto constatare che la validità di
questa domanda è decisamente migliore della precedente. Problemi di utilizzo
esistono in media per quasi 1 bambino su 4, anche se tali difficoltà
aumentano con l’età del bimbo, e sono più frequenti per i rispondenti
delle Regioni meridionali, quelli che hanno difficoltà economiche e quelli che
non usano la cintura. Diverse proposte pratiche derivano da questi dati.
Come
legare la sorveglianza che la Asl porta avanti, con la promozione della
sicurezza stradale a livello della comunità locale?
Per rispondere a questa domanda, Luigi Salizzato (pdf 5,1 Mb) (direttore del
Dipartimento di Sanità Pubblica di Cesena) è partito dal raccontare la sua
esperienza – 13 anni lungo i quali l’Azienda Sanitaria ha investito sulla
sicurezza stradale – volta a individuare un percorso praticabile. Le azioni
perseguite dall’Azienda sanitaria consistono nel: (1) tenere aggiornati i dati
epidemiologici locali sugli esiti degli incidenti stradali; (2) monitorare i
comportamenti per strada in particolare per l’utilizzo delle cinture e del
casco (nell’ambito di progetti di sorveglianza nazionali coordinati da Iss e
Ccm); (3) contribuire alla georeferenziazione e alla valutazione delle cause
dell’incidentalità nelle Province della costa; (4) contribuire a orientare la
pianificazione della gestione del territorio e delle infrastrutture sempre più
nell’ottica della sicurezza stradale; (5) promuovere la sicurezza sul lavoro per
strada; (6) sviluppare interventi di educazione alla sicurezza stradale nelle
scuole.
Salizzato ha fatto alcune
osservazioni che derivano dall’esperienza:
- la prima è che la Asl
intercetta la sicurezza stradale in più punti: l’emergenza, la
rianimazione, la neuro traumatologia ed altri reparti di assistenza, la
patologia clinica, le dipendenze, la pediatria e il dipartimento di
prevenzione. La Asl quindi non è un soggetto estraneo alla sicurezza
stradale, è invece un attore principale e, forse, il più interessato alla
riduzione del numero di vittime. Il primo passo è stato quindi quello di
costruire un comitato di Ausl sulla sicurezza stradale, coordinato dal
dipartimento di sanità pubblica
- il secondo punto è stato quello
di individuare obiettivi di salute nel campo della sicurezza stradale, che
servono da orizzonte ed obiettivi intermedi scritti nella programmazione
della Asl in base ai quali valutare l’apporto dei diversi servizi. è vero,
infatti, che il numero di incidenti non dipende dalla Ausl, ma – ad esempio
– il numero di strumenti urbanistici che ricevono una completa revisione
sotto il profilo della sicurezza stradale, dipende dalla Ausl e in
particolare dal dipartimento di prevenzione che può essere valutato
correttamente su un obiettivo del genere
- la revisione degli strumenti
urbanistici è l’attività in cui il Dipartimento, per conto della Ausl,
costruisce alleanze con enti locali e altre istituzioni fino a costruire
una partnership estesa che è – in se stessa – una pratica di promozione
della salute. Si tratta di un lavoro per cui è necessario acquisire
credibilità nel tempo e superare resistenze. Ad esempio, è stato
predisposto un documento sui criteri per l’approvazione degli strumenti
urbanistici “ambiente costruito e salute” che rappresenta
proprio uno strumento per costruire la partnership attorno a pratiche
condivise (è significativo che nonostante i molti sforzi il
documento non sia stato ancora pienamente recepito dai potenziali partner)
- un metodo appropriato per
praticare queste alleanze è fare un progetto. Ad esempio, le strutture
aziendali che operano con i genitori di bambini piccoli, dalla nascita ai
primi anni di scuola, possono cooperare a progetti per il trasporto sicuro
dei bambini su strada (il progetto “Allacciali alla vita” messo a punto a
Cesena è stato inserito tra quelli del Piano regionale di prevenzione
2010-2013). Le strutture che operano per aumentare l’attività fisica
possono creare collaborazioni con associazioni di cittadini. Nel caso di
Cesena, è stato importante cooperare con associazioni quali Camina e Centro Antartide)
- nello specifico dell’esperienza
di Cesena, è stata sottolineata l’alleanza tra le Ausl della costa
romagnola che ha consentito di ampliare il fronte dell’intervento, visto
che le strade non si fermano al confine della Asl e neanche gli
infortunati afferiscono all’ospedale di residenza
- da questa esperienza derivano
alcuni insegnamenti: non valgono interventi spot, c’è bisogno di acquisire
consapevolezza dell’importanza del settore sanitario, generalmente
sottovalutata, è necessario acquisire credibilità, bisogna favorire
l’alleanza con gli altri settori promuovendo programmi collaborativi. In
ogni fase, la sorveglianza fornisce la base informativa necessaria per
convincere (advocacy), individuare obiettivi e valutarli.
Si è sviluppata una discussione su questi
punti, durante la quale è stata segnalata la nuova
reportistica della Regione Lazio.
Stefania Salmaso (direttore Cnesps-Iss) ha
concluso il workshop ricordando che il nuovo Piano della prevenzione
rappresenta l’atto di programmazione che orienta tutto il settore della
prevenzione. Nel nuovo Piano è compresa la sicurezza stradale per cui è
importante condividere obiettivi e indicatori specifici.
Come si è visto, la sorveglianza non è
solo uno strumento per valutare il Piano, ma grazie all’impiego dei dati nell’advocacy e nella costruzione di alleanze, si
può affermare che la sorveglianza rappresenta una componente dell’intervento
stesso. Oltre alla gran mole di informazioni messe insieme, dal workshop emerge
il fatto che rimane da analizzare attentamente il ruolo che la sanità pubblica
deve avere in un settore così fortemente dipendente da altre autorità
pubbliche. Per quali attività, la sanità pubblica deve essere ritenuta
essenziale e quindi valutata? Non bisogna sottovalutare, anzi c’è da
valorizzare, il contributo che il settore sanitario fornisce alla sicurezza
stradale in Italia.
Leggi anche il resoconto della prima giornata di
workshop.
Articolo pubblicato su www.epicentro.iss.it il 9 gennaio 2014 –