Migranti, Save the Children: politica europea continua ad assistere indifferente alle morti in mare e abbandona migliaia di persone nel limbo dei confini

Nei principali punti di approdo in Grecia, ad Atene e ad Idomeni, gli operatori dell’Organizzazione distribuiscono senza sosta pasti e beni di prima necessità e forniscono supporto a minori e persone vulnerabili.

“Ancora morti in mare, ancora bambini annegati nel disperato tentativo di raggiungere il nostro continente. È aberrante che la politica europea continui a giocare al rimando con la vita delle persone. Qualche mese fa era il piccolo Aylan, oggi è toccato ad un bimbo di appena pochi mesi, che ha perso la vita mentre tutti noi ci siamo semplicemente voltati dall’altra parte di fronte alla tragedia che, insieme a tanti altri, stava vivendo”, ha dichiarato Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children, commentando dalla Grecia l’ennesimo naufragio nell’Egeo, in cui ha perso la vita anche un neonato. Dall’inizio del 2016 risultano essere circa 450 le morti in mare.

“E i fortunati, coloro che sono riusciti ad approdare, ora si trovano in un limbo, senza sapere cosa accadrà loro. Sono migliaia i minori abbandonati a loro stessi perché, con la chiusura delle frontiere, i Paesi europei stanno chiudendo la porta in faccia a profughi vulnerabili bisognosi di protezione internazionale, anziché attivare canali sicuri e legali di accesso per i profughi”.

Ed è critica ovunque la situazione in Grecia. Dalle isole, dove continuano gli sbarchi – dall’alba di ieri fino alle 18 nella sola isola di Chios ce ne sono stati 28, per un totale di 1.300 persone – passando per Atene, dove più di 3.000 migranti e rifugiati hanno dormito nel porto del Pireo, fino alla frontiera con la Macedonia, dove la frustrazione e il malcontento crescono tra le persone, alcune delle quali bloccate da due settimane.

Al campo di Idomeni, dove Save the Children distribuisce cibo e opera uno Spazio a misura di bambino, ci sono almeno 14.000 profughi e migranti, di cui circa 5.000 bambini. In questi giorni di pioggia ininterrotta, le tende si sono allagate e il rischio sanitario è molto elevato. Solo negli ultimi tre giorni, 70 bambini sono stati ricoverati al vicino ospedale di Kilkis a causa di infezioni respiratorie e gastroenterite.

Save the Children sta lavorando alla risposta all’emergenza in Grecia – dove è presente nelle isole di Lesbo, Chios, Samos, Kos e Leros, oltre che ad Atene e ad Idomeni –, Serbia e Croazia. L’organizzazione è impegnata nella protezione dei minori, sia attraverso Spazi a misura di bambino dove operatori svolgono attività ricreative ed educative e attività di supporto psicologico per i bambini, sia attraverso l’impegno della riunificazione familiare dei bambini separati dalle famiglie durante il tragitto. Inoltre, l’organizzazione supporta le mamme con neonati o bambini piccoli, creando degli spazi protetti dove possono allattare i bambini e ricevere consigli medico-sanitari. Infine, è impegnata nella distribuzione di cibo, abiti invernali per i bambini e altri beni di prima necessità.

“In questo momento cruciale, la sola risposta delle organizzazioni umanitarie, delle agenzie delle Nazioni Unite e dei centinaia di volontari che stanno cercando di dare una mano in Grecia, non sono sufficienti. È necessario un intervento coeso e di lungo termine degli stati membri, perché queste persone in cerca di protezione internazionale continueranno ad arrivare alle nostre frontiere e la chiusura dei confini le spingerà solo a cercare rotte più pericolose per raggiungere l’Europa, aumentando la loro vulnerabilità durante il tragitto”, dice Valerio Neri.

Sono infatti oltre 130.000 le persone che hanno intrapreso il viaggio verso l’Europa tra gennaio e febbraio (8.900 sono arrivate in Italia, più di 122.000 in Grecia). Un numero che si avvicina al totale di arrivi nei primi sei mesi del 2015 (147.209).

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