Corte dei Conti: Relazione sulla "Destinazione
e gestione del 5 per mille"
La mancata stabilizzazione
dell’istituto del 5 per mille attraverso una legge organica - in grado di
garantire la certezza delle risorse nel corso di un arco temporale ragionevole
e la definizione di tempi certi per l’erogazione dei fondi - ha prodotto inefficienze
ed inutili appesantimenti burocratici.
Il quadro normativo dell’istituto risulta confuso e inadeguato.
Le attività di
coordinamento, controllo e garanzia delle amministrazioni interessate appaiono
insufficienti.
Il tetto di spesa annuo è in contrasto con le determinazioni dei contribuenti,
riducendo, di fatto, la percentuale del contributo.
I ritardi nelle erogazioni –
dovuti alla pluralità di amministrazioni coinvolte, con scarso coordinamento
tra loro, e a disfunzioni interne a ciascuna di esse - sono causa
dell’incertezza sulla disponibilità delle risorse per i beneficiari.
Il ricorso alle convenzioni
– peraltro, non ancora stipulate per gli anni successivi al 2010 - fra il
Ministero del lavoro e delle politiche sociali e l’Agenzia delle entrate appare
un modello organizzativo dispendioso, motivo di conflittualità e di
allungamento dei tempi.
L’analisi delle rendicontazioni procede lentamente ed in maniera assai
laboriosa, anche a causa dello scarso raccordo e dell’assenza di flussi informativi
essenziali per il suo svolgimento tra i Ministeri e l’Agenzia delle entrate.
L’attribuzione delle risorse
in base alla stretta capacità contributiva fa sì che alcuni enti che possono
raccogliere il favore di optanti abbienti ottengano, anche con un basso numero
di scelte, somme assai rilevanti.
Per il finanziamento delle
attività sociali svolte dai Comuni di residenza, la differente capacità fiscale
dei contribuenti sul territorio nazionale fa sì che i Comuni più ricchi possano
beneficiare, in proporzione, di maggiori introiti, senza alcun meccanismo di
perequazione o coordinamento.
Per gli enti di sostegno alle attività di tutela, promozione e valorizzazione
dei beni culturali e paesaggistici, non è prevista la scelta da parte dei
contribuenti. Ciò suscita perplessità, in quanto la mancata opzione è in
contrasto con la ratio dell’istituto, venendo attribuita
all’amministrazione la determinazione dei destinatari. Inoltre, l’esclusione
degli enti di diritto pubblico appare arbitraria ed irrazionale, in quanto la
scelta dei contribuenti si riferisce all’attività in sé di tutela, promozione e
valorizzazione.
Deve essere migliorata la
trasparenza dei dati inseriti sulla rete web. Infatti, spesso,
non sono identificabili i beneficiari, a causa dell’assoluta genericità
nell’indicazione di essi. Inoltre, non vengono pubblicati i dati aggregati dei
contributi ottenuti dagli enti presenti in più elenchi.
La percentuale degli optanti fra coloro che non presentano la dichiarazione dei
redditi è minima e, pertanto, risulta disincentivata la contribuzione al 5 per
mille di un rilevante numero di persone, generalmente quelle a più basso
reddito.
Nessuna scelta è possibile
per i milioni di cittadini che non pagano l’Irpef e che, pertanto, sono esclusi
da tale forma di partecipazione.
Sussiste un conflitto di
interesse di numerosi enti che, anche indirettamente, gestiscono i Centri di
assistenza fiscale e sono potenziali beneficiari del 5 per mille.
Il Testo della Delibera n. 14/2013/G e documenti allegati
Fonte: Corte dei conti - Ufficio stampa - Comunicato stampa
del 24 dicembre 2013 – Sezione centrale di controllo sulla gestione delle
Amministrazioni dello Stato